Il messaggio di Don Dino: aprite le porte alla “gente del viaggio” |
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Don Dino aveva raccontato come aveva conosciuto il mondo delle carovane: «Ricordo quel pomeriggio del lontano marzo 1931. Alcuni ragazzi dell'oratorio D. Bosco in San Rocco, mi vennero a chiamare “D. Dino, là al Mercato c'è una carovana, c'è gente che piange, una donna sta per morire”. Corsi, senza a nulla pensare, soltanto preoccupato di portare i conforti religiosi a quella creatura morente. Fui accolto con tanta cordialità e riconoscenza. Ricordo quel funerale che fu di edificazione a tutta la Parrocchia di S. Pietro. Quell'episodio - senza accorgermi - segnava una svolta nella mia vita. Poche settimane dopo, ritornai al Mercato Vecchio, quasi sospinto da una forza misteriosa. Due Carovane e una piccola arena all'aperto, sostituivano la carovana già partita per altro destino. Guardavo incuriosito: una donna che stava lavando i panni, s'accorse che cercavo... qualcosa. “Padre, venga: siamo cristiani anche noi". Era la signora Caroli Semiramide madre dei valenti equilibristi e ginnasti, che molti anni dopo avrebbe finita la sua lunga vita a Scandicci in serenità. Don Dino Torreggiani nacque a Masone vicino a Reggio Emilia, il 7 settembre 1905 da una famiglia semplice. Il papà e la mamma Caterina erano ambedue vedovi risposati, avevano dieci figli a cui si era aggiunta Rosa, una trovatella accolta come una vera figlia. Per decenni il mondo inesplorato di sinti e rom, di nomadi, di giostrai e di circensi, diventa come la sua nuova famiglia amata. E a chi gli rimprovera la sua amicizia con i ladri di galline, don Dino rispondeva: “Quando arrivano gli zingari, chiudete i pollai e aprite il cuore“. Nel ’58, fondò l’OASNI (Opera per l’Assistenza Spirituale ai Nomadi in Italia). Don Dino ne è stato l’ispiratore e il promotore ed anche il primo direttore nazionale, di nomina pontificia. L’importanza dell’opera e della missione di don Dino tra i viaggianti viene riconosciuta anche dall’Autorità civile che gli riconosce una tessera gratuita e permanente sulle Ferrovie dello Stato. L’OASNI venticinque anni fa confluisce nella MIGRANTES della CEI, con l’ufficio nazionale pastorale per fieranti e circensi (ed il corrispondente per i Sinti e Rom), per lungo tempo affidato ad un Servo della Chiesa, l’Istituto Secolare che don Dino aveva fondato. Ai Servi della Chiesa aveva affidato alcune opere a favore della categoria come “Villa Maria” a Treviso, oggi chiusa, che per anni ha accolto i ragazzi e i giovani del circo e dello spettacolo viaggiante accompagnandoli nel loro percorso scolastico reso difficile dai continui spostamenti, e la Casa Riposo di Scandicci che oggi porta il suo nome, capace di creare un clima familiare per gli anziani che non hanno più la possibilità di seguire i propri familiari in carovana. L’altra grande intuizione di don Dino è stata la rivista In Cammino, iniziata nel 1951. All’inizio aveva la forma di un semplice foglio, poi come allegato della rivista “Parrocchia”, poi con la dignità di una vera e propria rivista che ha informato e fatto da archivio storico delle famiglie viaggianti in questi sessanta anni. Ormai anche questa avviata alla chiusura. Don Dino muore a Palencia il 27 settembre 1983 colto da una crisi cardiaca. Era andato in Spagna nonostante la salute malferma per seguire il suo istinto apostolico e per seguire la fondazione dell’Istituto dei Servi della Chiesa. (Don José Aumente, un suo figlio spirituale, e membro dei Servi della Chiesa, è oggi il responsabile nazionale della pastorale del circo e delle fiere in Spagna). Don Dino ha amato profondamente la Gente del Viaggio e ne è testimonianza un suo scritto del 1969 (In Cammino, Gennaio 1969): “…Se quest’oggi è arrivato un Circo, o un Luna-Park nella mia parrocchia, debbo credere che è il Signore che manda alla mia Comunità e a me in particolare questa nuova famiglia, che il Suo amore paterno ha riunito e oggi fa sostare fra le case della mia Parrocchia. Perché! Il suo piano di amore esige che le ricchezze di fede e di grazia che lo Spirito Santo ha riversato in ogni anima della mia comunità sia partecipata a questi nuovi fratelli, che lo stesso battesimo, che la stessa fede unisce intimamente a noi. Sicuramente, anch'essi sono apportatori di grazia che non sarebbe mai arrivata ad arricchire la mia famiglia parrocchiale se la Provvidenza non li avesse qui fatto sostare”. Don Dino vede la Gente del Viaggio come un dono di Dio e della sua Provvidenza, non tanto per lo spettacolo e la gioia che riescono a comunicare, ma per la fede che possono testimoniare e comunicare. “E' entrato Gesù nella nostra Parrocchia, fra le nostre case”… “E' proprio vero che Egli è arrivato, è apparso e sosta in mezzo a noi”. Don Dino è anche molto realista e sa – quarant’anni fa la situazione era assai diversa da oggi – che i bisogni di chi viaggia potrebbero essere tanti, ma anche con un carattere difficile: “Sono fratelli bisognosi nell'anima e nel corpo; fratelli diffidentiperché forse mai, nel loro lungo pellegrinare, hanno sentito il calore di una comunità cristiana, forse mai si sono sentiti dei «privilegiati» nella famiglia dei figli di Dio”. Si sente , dalle sue parole, come fosse difficile il rapporto tra la Gente del Viaggio e la Chiesa. Per questo ha girato dal nord al sud per stimolare le chiese locali e cercare pastori disponibili ad accogliere questo mondo in cammino. Don Dino sa come sia provvidenziale per la Chiesa l’incontro e la conoscenza di questa gente che vivendo perennemente in viaggio ha conservato e sviluppato valori diversi rispetto alla società dei fermi: “E con me avranno i miei fratelli i loro fratelli. La luce delle loro testimonianze di fede, che fa ad essi vedere Dio arrivato fra noi nella persona di questi «fratelli nomadi», sarà per loro il nuovo incontro con Dio, incontro che sempre si rinnova in ogni sosta fra una comunità di fratelli”. Traspare, nello scritto di don Dino tutto l’affetto per la Chiesa e per il mondo viaggiante; vede una chiesa viva e gioiosa capace di comunione e di rapporti fraterni, preti generosi che sanno riconoscere quel Gesù che quando viaggiava per le strade della Palestina diceva di non avere né un nido, né una tana come gli uccelli e le volpi ma neppure una pietra su cui posare il capo. Queste parole potrebbero servire alla Chiesa, ancora oggi, per riflettere sul senso di questo speciale servizio pastorale. |
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